Licenziamento per superamento del periodo di comporto

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Licenziamento per superamento del periodo di comporto: cos’è e come gestirlo

Licenziamento per superamento del periodo di comporto.

Il periodo di comporto è il lasso di tempo durante il quale un dipendente, in caso di malattia o infortunio, ha diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro. Durante questo periodo, il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore, purché questa assenza sia giustificata da un certificato medico o altra documentazione adeguata. 

È possibile dunque procedere con il licenziamento solamente qualora il lavoratore dovesse superare tale periodo di assenza senza rientrare in servizio.

Dobbiamo ricordare, tuttavia, che il periodo di comporto non include altri tipi di assenza come le ferie, i permessi retribuiti o altri congedi previsti dalla legge.

È fondamentale, perciò, che datore di lavoro e dipendente siano correttamente informati su tutti gli aspetti relativi al licenziamento per superamento del periodo di comporto, così da evitare possibili malintesi o contenziosi.

Per il dipendente conoscere i propri diritti è essenziale per gestire con serenità eventuali periodi di malattia o infortunio, senza il timore di perdere il lavoro improvvisamente.

Dal lato del datore di lavoro, invece, la comprensione del periodo di comporto aiuta a garantire il rispetto delle norme contrattuali e legali, evitando potenziali violazioni che potrebbero sfociare in contenziosi o cause legali.

Continua a leggere l’articolo per scoprire come gestire correttamente il licenziamento per superamento del periodo di comporto.

Che Cos’è il Periodo di Comporto

Il periodo di comporto si riferisce al lasso di tempo massimo durante il quale un lavoratore può rimanere assente per malattia o infortunio conservando il proprio posto di lavoro.

Durante questo periodo il datore di lavoro non può procedere al licenziamento ma dovrà gestire il lavoratore assente per malattia o infortunio secondo quanto disciplinato dalla legge e dai contratti collettivi.

Durata del Periodo di Comporto

La durata del periodo di comporto può variare significativamente in base a diversi fattori, tra cui il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato, la tipologia di contratto e l’anzianità di servizio del lavoratore. 

I fattori che influenzano la durata del comporto sono:

  1. Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL): il CCNL definisce la durata del periodo di comporto per il settore lavorativo di riferimento. In alcuni casi, tale periodo di comporto può essere limitato a poche settimane o mesi, in altri può essere più prolungato. In ogni caso è sempre essenziale controllare tale durata e rimanere sempre aggiornati su eventuali modifiche.
  2. Tipologia di contratto: i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, generalmente, hanno diritto a un periodo di comporto più lungo (assieme a maggiori tutele), rispetto ai lavoratori a tempo determinato. La durata del periodo di comporto di quest’ultimi potrebbe essere direttamente legata alla durata complessiva del contratto.
  3. Anzianità di Servizio: un lavoratore con una maggiore anzianità di servizio potrebbe avere accesso a un periodo di comporto più lungo. Anche in questo caso è necessario consultare il CCNL o analizzare le politiche aziendali.
  4. Tipologia di malattia o infortunio: la natura della malattia o dell’infortunio può influire sul periodo di comporto. Alcuni CCNL prevedono periodi di comporto più lunghi per malattie gravi, infortuni sul lavoro o malattie di lunga durata. Inoltre, la legge può prevedere periodi speciali di assenza per malattie derivanti da cause di servizio o infortuni sul lavoro, spesso con specifiche garanzie per il lavoratore.
  5. Eventuali Proroghe o Sospensioni del Comporto: in alcuni casi, il periodo di comporto può essere sospeso o prolungato.
    • Sospensione: il comporto può essere sospeso, ad esempio, durante il periodo di ferie programmate o durante un eventuale ricovero ospedaliero, e riprende al termine di tali periodi.
    • Proroghe: alcuni contratti collettivi possono prevedere una proroga del comporto se la malattia si protrae per cause gravi o particolari.

Assenza derivanti da malattia e Infortunio: le principali differenze

Vi sono differenze sostanziali tra il periodo di comporto derivante da eventi di malattia e quello derivante da infortunio.

Esaminiamo le principali:

  • Durata: generalmente il periodo di comporto per infortunio ha una durata maggiore rispetto a quello per malattia (tali indicazioni temporali sono contenute nei CCNL).
  • Trattamento economico: il trattamento economico durante la malattia viene sostenuto, per i primi giorni, dal datore di lavoro e, successivamente, dall’INPS. In caso di infortunio, invece, dopo i primi tre giorni a carico del datore di lavoro, interviene l’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), mediante una specifica indennità.
  • Tutela del posto di lavoro: per gli infortuni sul lavoro, la tutela del posto di lavoro è generalmente più forte. Molti CCNL stabiliscono che i periodi di assenza dovuti a infortunio non devono essere computati nel periodo di comporto previsto per la malattia. Questo significa che il lavoratore non può essere licenziato durante il periodo di inabilità temporanea riconosciuta dall’INAIL. Inoltre, il reinserimento del lavoratore può essere supportato da programmi di riabilitazione e reinserimento promossi dall’INAIL stesso.

Ad ogni modo, fatti salvi i casi di sospensione o proroga, una volta accertato il superamento del periodo di comporto senza che il lavoratore sia rientrato in servizio, il datore di lavoro ha la facoltà di procedere al licenziamento.

Periodo di comporto e responsabilità del datore di lavoro

Ci possono essere delle casistiche particolari in cui il computo del periodo di comporto può subire delle variazioni legate alla responsabilità del datore di lavoro nella malattia o infortunio del lavoratore.

Per il calcolo del periodo di comporto andranno sommate le sole malattie e infortuni non causati da una responsabilità del datore di lavoro e si dovranno detrarre quelle per cui sussista una sua responsabilità. Ad esempio, devono essere escluse dal periodo di comporto malattie o infortuni imputabili al datore di lavoro per violazione delle norme in materia di tutela della salute e sicurezza.

Eventi esclusi dal computo del periodo di comporto

Vi sono situazioni in cui l’ordinamento giuridico italiano, per ragioni di tutela della salute e della dignità del lavoratore, prevede che determinate assenze non vadano a influire sul periodo di comporto. Ecco una panoramica dettagliata di tali eventi:

1.       Malattia oncologica: le malattie oncologiche rappresentano una delle principali eccezioni al normale computo del periodo di comporto: alcuni CCNL prevedono specifiche tutele per i lavoratori affetti da malattie oncologiche. In molti casi, le assenze per cure oncologiche (come chemioterapia, radioterapia, ecc.) non vengono conteggiate nel periodo di comporto o danno diritto a un prolungamento dello stesso.

2.       Malattie Correlate alla condizione di disabilità: le assenze dovute a patologie direttamente correlate allo stato di disabilità riconosciuta potrebbero essere escluse dal computo del periodo di comporto. Inoltre, spesso i CCNL prevedono particolari garanzie ai (genitori di) lavoratori con disabilità, prevedendo condizioni più favorevoli per l’assenza legata a motivi di salute. Infine, la giurisprudenza ha recentemente affermato che qualora il CCNL applicato non prevede un criterio di computo del periodo di comporto per questa categoria di assenza, il datore di lavoro sarà comunque obbligato a tenerne conto. Infatti, i permessi concessi ai lavoratori per l’assistenza a familiari con disabilità grave, in base alla Legge 104/1992, sono generalmente esclusi dal periodo di comporto.

3.       Malattia da COVID-19: la pandemia da COVID-19 ha portato a una serie di misure straordinarie riguardanti l’assenza per malattia. In particolare, è stata introdotta la disposizione per cui i periodi di isolamento o di malattia connessi al contagio da COVID-19, sono esclusi dal computo del periodo di comporto.

4.       Genitorialità e malattia del bambino: alcuni CCNL prevedono che le assenze per malattia del figlio non siano conteggiate nel periodo di comporto, offrendo un’ulteriore tutela ai genitori lavoratori.

Comporto secco e per sommatoria

Il periodo di comporto può essere gestito in due modalità:

  1. Comporto secco: in questo caso l’assenza si riferisce ad un unico ed ininterrotto periodo di assenza.
    Ad esempio: nel caso il CCNL prevedesse un periodo di comporto di 180 giorni e il lavoratore, a causa di una malattia, fosse obbligato a rimanere a casa per più di 180 giorni consecutivi, il datore di lavoro ha il diritto di procedere al licenziamento per superamento del periodo di comporto.
  2. Comporto per sommatoria: tiene conto di assenze ripetute per malattia che si accumulano in un determinato arco temporale (ad esempio 12 o 18 mesi). Al superamento di questo limite il datore di lavoro può procedere con il licenziamento per superamento del periodo di comporto.
    Se, ad esempio, il CCNL prevede un massimo di 180 giorni di malattia in un anno solare e il lavoratore supera questo limite a causa di diversi eventi di malattia, seppur intervallati da periodi di lavoro, è possibile procedere con il licenziamento per superamento del periodo di comporto.

Licenziamento per Superamento del Periodo di Comporto

Come abbiamo visto nei precedenti casi, nel caso il lavoratore si trovasse a superare il periodo di comporto previsto, il datore di lavoro potrebbe procedere con il licenziamento (si tratta di una delle possibili casistiche rientranti nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo)

Condizioni da rispettare in caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto

Perché il licenziamento per superamento del periodo di comporto sia ritenuto legittimo, il datore di lavoro deve rispettare diverse condizioni e procedure, stabilite sia dalla legge sia dalla contrattazione collettiva. Ecco in dettaglio le condizioni principali da rispettare:

  1. Superamento del periodo di comporto: chiaramente deve essere dimostrato che il lavoratore ha superato il limite massimo di giorni di assenza previsti dal CCNL o da eventuali Contratti Collettivi aziendali
  2. Esaurimento delle tutele: il lavoratore può avere diritto a ulteriori tutele come, ad esempio, periodi di aspettativa non retribuita (da richiedere prima del termine del periodo di comporto) o la fruizione del congedo per ferie maturato. Queste tutele possono prolungare la durata della conservazione del posto di lavoro. Una volta esaurite il datore di lavoro può procedere con il licenziamento del lavoratore.
  3. Comunicazione del licenziamento: il datore di lavoro deve rispettare le procedure formali per la comunicazione del licenziamento, che includono il rispetto di tempistiche e modalità precise. Questo sarà trattato più dettagliatamente nella sezione successiva.

Comunicazione del Licenziamento

Per una corretta comunicazione del licenziamento, come di consueto, devono essere rispettati precisi vincoli, quali:

  • Forma scritta: il licenziamento dev’essere comunicato in forma scritta.
  • Comunicazione chiara e tempestiva: nella lettera, il datore di lavoro deve specificare la data in cui è stato superato il periodo di comporto, spiegando come è stato calcolato il periodo di assenza e, se possibile, fornendo dettagli sulle assenze computate. Ciò è necessario per consentire al lavoratore di comprendere le ragioni del licenziamento e, se del caso, di impugnarlo.
  • Specificare la motivazione: è obbligatorio indicare che la causa del licenziamento è il superamento del periodo di comporto.
  • Eventuali necessità di preavviso: il licenziamento per superamento del periodo di comporto rientra nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e, dunque, vi è la necessità di rispettare il preavviso previsto dal CCNL.
  • Documentazione accurata: è essenziale che il datore di lavoro mantenga una documentazione dettagliata delle assenze per malattia del lavoratore, includendo certificati medici e comunicazioni con il dipendente. Questo è importante in quanto permette al datore di lavoro di capire in modo semplice e veloce quando un lavoratore sta per esaurire il suo periodo di comporto e, al tempo stesso, evita malintesi e fornisce una difesa legale solida in caso di contestazioni da parte del lavoratore.

Casi particolari

Esistono alcuni casi in cui il periodo di comporto può subire delle modifiche o proroghe, proteggendo il lavoratore dalla perdita del posto di lavoro. Ecco alcuni esempi:

  • Aspettativa non retribuita: i CCNL talvolta permettono al lavoratore di chiedere, prima del termine del periodo di comporto, un periodo di aspettativa non retribuita o di fruire delle ferie residue.
  • Malattie gravi o croniche: alcuni CCNL prevedono trattamenti differenti per malattie gravi o di lunga durata, come, ad esempio, le malattie oncologiche. In questi casi, gli eventi di malattia legati a tali patologie non sono computati nel periodo di comporto oppure possono prolungare il periodo di comporto.
  • Infortunio sul lavoro o malattia professionale: quando l’assenza è causata da un infortunio sul lavoro o una malattia professionale, con responsabilità del datore di lavoro, il periodo di comporto potrebbe essere esteso o calcolato in modo differente.
  • Invalidità permanente parziale: se l’invalidità derivante dalla malattia o dall’infortunio non è totale ma parziale, il datore di lavoro ha l’obbligo di verificare la possibilità di reinserire il lavoratore in altre mansioni compatibili con la sua condizione di salute prima di procedere al licenziamento.

Contenziosi e Ricorsi

Quando si affronta il tema del licenziamento per superamento del periodo di comporto, è fondamentale considerare le possibilità di contenzioso e ricorsi da parte del lavoratore. Di seguito approfondiamo i seguenti aspetti.

Impugnazione del Licenziamento

Il lavoratore ha la possibilità di impugnare il licenziamento qualora ritenga che il datore di lavoro non abbia rispettato la normativa o i diritti contrattuali.

Tempistiche e modalità

  • Impugnazione stragiudiziale: il lavoratore ha 60 giorni dal momento in cui riceve la comunicazione del licenziamento per presentare un atto di impugnazione scritto (tramite PEC, raccomandata A/R o consegna a mano).
  • Azione giudiziale: dopo aver impugnato il licenziamento in via stragiudiziale, il dipendente dovrà depositare il ricorso presso il tribunale entro i successivi 180 giorni per avviare la causa. In alternativa, il lavoratore può chiedere il tentativo di conciliazione o arbitrato presso l’ispettorato del lavoro o altri organi competenti.

Motivi per l’impugnazione

Generalmente le motivazioni alla base dell’impugnazione sono 3:

  1. Errore nel calcolo del periodo di comporto: uno dei motivi più comuni per impugnare il licenziamento è l’errore nel calcolo delle giornate di assenza. Se il datore di lavoro ha incluso nel computo del comporto eventi che dovrebbero essere esclusi, come assenze per malattia oncologica, infortunio sul lavoro, malattie correlate alla disabilità, o periodi di quarantena legati al COVID-19, il lavoratore può impugnare il licenziamento.
  2. Violazione delle procedure di licenziamento: la legge richiede che il licenziamento sia comunicato per iscritto al lavoratore. Se il datore di lavoro non ha rispettato questa procedura, il licenziamento è nullo. Il lavoratore può impugnare il licenziamento per mancata osservanza delle formalità previste dalla normativa. Inoltre, l’assenza della motivazione chiara e dettagliata del licenziamento, può essere motivo di contestazione della legittimità del provvedimento.
  3. Violazione delle tutele speciali: Alcune categorie di lavoratori godono di tutele speciali. Ad esempio, i lavoratori affetti da patologie oncologiche o gravi malattie croniche, e i lavoratori disabili, hanno diritto a una protezione rafforzata. Se il datore di lavoro non ha rispettato queste tutele, il lavoratore può contestare il licenziamento.
  4. Mancata verifica di mansioni alternative: in alcuni casi, specialmente quando l’assenza del lavoratore è legata a una condizione di disabilità, la legge richiede che il datore di lavoro valuti la possibilità di un adattamento ragionevole delle condizioni di lavoro o di un reimpiego in mansioni diverse, compatibili con lo stato di salute del lavoratore. La mancata considerazione di queste possibilità può essere un motivo di impugnazione.
  5. Violazione di tutele previste da CCNL o normativa: se il licenziamento non rispetta tutte le norme legali e del contratto collettivo, il lavoratore ha diritto a contestarlo.

Conseguenze della contestazione

Se il giudice accerta che il licenziamento è avvenuto in violazione delle norme o dei diritti del lavoratore, ci sono diverse conseguenze possibili.

Eccone alcune:

  • Reintegrazione nel posto di lavoro: il giudice può ordinare la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. Questo significa che il datore di lavoro deve ripristinare il rapporto di lavoro alle condizioni precedenti al licenziamento.
  • Risarcimento del danno: in alternativa (o in aggiunta) alla reintegrazione, il datore di lavoro può essere condannato a pagare un risarcimento danni, il cui importo dipende da vari fattori, come l’anzianità del lavoratore, il danno subito e la normativa applicabile.
  • Indennità sostitutiva del preavviso: se il datore di lavoro ha proceduto al licenziamento senza rispettare il periodo di preavviso previsto dalla legge o dal contratto collettivo, il giudice può condannare il datore di lavoro a pagare al lavoratore un’indennità sostitutiva del preavviso.
  • Costi legali e spese di giudizio: se il licenziamento è dichiarato illegittimo, il giudice può condannare il datore di lavoro al pagamento delle spese legali e processuali sostenute dal lavoratore. Questo può includere le spese per l’assistenza legale, le perizie, e altre spese correlate al procedimento giudiziario.
  • Danno Reputazionale: un licenziamento illegittimo, specialmente se dichiarato tale in tribunale, può avere conseguenze sulla reputazione dell’azienda. Ciò può influire negativamente sui rapporti con i dipendenti, sulla percezione da parte del pubblico, e sulle relazioni industriali.

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In questo articolo abbiamo avuto modo di approfondire il licenziamento per superamento del periodo di comporto sotto molteplici aspetti, evidenziando quanto la conoscenza e la dimestichezza con l’argomento possano essere fondamentali per evitare contenziosi e incomprensioni nel luogo di lavoro.

Conoscere in modo chiaro e lineare tutti gli aspetti relativi all’argomento permette al datore di lavoro di seguire le procedure corrette, calcolare in modo preciso i giorni di malattia o infortunio, gestendo correttamente la documentazione e comunicando tutte le informazioni essenziali al dipendente. 

Per tutti gli imprenditori e lavoratori che si trovano in difficoltà o che necessitano di una consulenza per affrontare in modo sicuro e professionale qualsiasi situazione legata al licenziamento per superamento del periodo di comporto, Studio Campesato, è a piena disposizione. Una consulenza su misura per ogni esigenza per aiutarti a gestire questi aspetti in modo chiaro e conforme alla normativa, grazie alla grande esperienza e competenza maturata dal nostro Studio nel corso degli anni.

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Il presente articolo, non essendo rivolto agli specialisti del diritto del lavoro, è stato deliberatamente redatto con un linguaggio semplice e uno stile divulgativo, senza l’ambizione di esaurire l’argomento trattato.

FAQ – Licenziamento per superamento del periodo di comporto

1) Che cos’è il periodo di comporto?

    Il periodo di comporto è il lasso di tempo durante il quale un lavoratore, in caso di malattia o infortunio, ha diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro. Durante questo periodo, il datore di lavoro non può procedere al licenziamento.

    2) Quanto dura il periodo di comporto?

    La durata del periodo di comporto varia in base al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), alla tipologia di contratto e all’anzianità di servizio del lavoratore. Può essere di poche settimane o di diversi mesi, a seconda delle circostanze specifiche.

    3) Cosa succede se si supera il periodo di comporto?

    Se il lavoratore supera il periodo di comporto senza rientrare in servizio, il datore di lavoro può procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, a condizione che siano rispettate le procedure previste dalla legge e dal contratto collettivo.

    4) Qual è la differenza tra periodo di comporto per malattia e per infortunio?

    Il periodo di comporto per infortunio spesso ha una durata maggiore rispetto a quello per malattia. Inoltre, per gli infortuni sul lavoro, la tutela del posto di lavoro è generalmente più forte, con periodi di assenza non computabili nel periodo di comporto.

    5) Il datore di lavoro può licenziare durante il periodo di comporto?

    No, durante il periodo di comporto il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore, a meno che non si verifichino casi particolari previsti dalla legge o dal contratto collettivo.

    6) Come si calcola il periodo di comporto?

    Il calcolo del periodo di comporto si basa sulle assenze per malattia o infortunio giustificate. Devono essere computate solo le assenze non imputabili al datore di lavoro. Alcune tipologie di assenze, come quelle per malattia oncologica o infortunio sul lavoro, possono essere escluse dal calcolo.

    7) Cosa accade se il datore di lavoro non rispetta le procedure di licenziamento?

    Se il datore di lavoro non rispetta le procedure di licenziamento previste dalla legge o dal contratto collettivo, il lavoratore può impugnare il licenziamento e richiedere la reintegrazione nel posto di lavoro o un risarcimento del danno subito.

    8) Il periodo di comporto può essere prorogato o sospeso?

    Sì, in alcuni casi il periodo di comporto può essere prorogato o sospeso come, ad esempio, in caso di malattia grave o durante il ricovero ospedaliero. Alcuni contratti collettivi prevedono specifiche proroghe o sospensioni del comporto.

    9) Come deve essere comunicato il licenziamento per superamento del periodo di comporto?

    Il licenziamento deve essere comunicato in forma scritta, specificando la data in cui è stato superato il periodo di comporto e i dettagli delle assenze computate. La comunicazione deve essere chiara e tempestiva, rispettando le procedure formali previste.

    10) Quali sono i diritti del lavoratore in caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto?

    Il lavoratore ha il diritto di impugnare il licenziamento se ritiene che non siano state rispettate le norme o i diritti contrattuali. Può richiedere la reintegrazione nel posto di lavoro o un risarcimento, a seconda delle circostanze.

    11) Cosa può fare per me Studio Campesato?

    Il nostro team può gestire correttamente tutta la procedura, assicurando al datore il lavoro il rispetto delle normative vigenti per evitare contenziosi. Ci occupiamo della redazione della lettera di licenziamento, del calcolo preciso delle assenze e della valutazione delle tutele del lavoratore.

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