Introduzione al TFR
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta una componente fondamentale del sistema retributivo italiano.
Si tratta di una forma di retribuzione differita: il TFR è un accantonamento obbligatorio effettuato mese per mese dal datore di lavoro, a favore del lavoratore, e liquidato alla cessazione del rapporto di lavoro.
Introdotto formalmente con la Legge 29 maggio 1982, n. 297, il TFR ha sostituito il precedente istituto dell’“indennità di anzianità”, segnando un cambio di paradigma nella tutela dei diritti economici del lavoratore subordinato.
Questa guida ha l’obiettivo di offrire una panoramica completa e accessibile, affrontando i principali aspetti giuridici, fiscali e operativi legati al TFR, con un linguaggio chiaro ma rigoroso, utile sia ad imprenditori e lavoratori sia a colleghi consulenti del lavoro.
Cos’è il Trattamento di Fine Rapporto (TFR)
Il TFR, disciplinato dall’art. 2120 del Codice Civile, è una somma che il datore di lavoro accantona annualmente per ciascun dipendente. Questo viene poi corrisposta alla fine del rapporto lavorativo, a prescindere dalla causa di cessazione (dimissioni, licenziamento, pensionamento, risoluzione consensuale, ecc.).
Si configura come:
- una retribuzione differita;
- una forma di risparmio forzoso e garantito per il lavoratore;
- una componente patrimoniale del rapporto di lavoro subordinato.
Origine normativa e sviluppo del TFR
La disciplina attuale è contenuta nell’art. 2120 c.c., modificato dalla Legge n. 297/1982, la quale ha introdotto:
- criteri precisi per il calcolo del TFR (retribuzione annua divisa per 13,5);
- l’obbligo di rivalutazione annuale dell’importo accantonato;
- la possibilità per il lavoratore di richiedere un’anticipazione in presenza di determinate condizioni.
Differenza tra TFR e indennità di anzianità
Fino al 31 maggio 1982, i lavoratori avevano diritto a un’indennità calcolata sull’ultima retribuzione percepita, moltiplicata per gli anni di servizio. Il legislatore ha sostituito questo sistema, ritenuto poco equo e penalizzante per i lavoratori con carriera discontinua o con retribuzioni crescenti, con il TFR, che si basa sulla media delle retribuzioni annuali e rende il sistema più stabile e trasparente.
Chi ha diritto al TFR
Il diritto al TFR spetta, in linea generale, a tutti i lavoratori subordinati del settore privato, sin dal primo giorno di lavoro. Non è richiesta alcuna anzianità minima di servizio. L’obbligo di accantonamento grava su tutti i datori di lavoro privati, compresi i piccoli imprenditori, i professionisti, le associazioni e le cooperative.
In particolare, hanno diritto al TFR:
- Lavoratori a tempo indeterminato
- Lavoratori a tempo determinato
- Lavoratori a tempo pieno
- Lavoratori part-time
- Apprendisti
- Lavoratori a domicilio
- Lavoratori domestici
ATTENZIONE: è importante sottolineare che il diritto al TFR matura fin dal primo giorno di lavoro, senza alcun periodo minimo di servizio richiesto.
Categorie escluse o con disciplina diversa
- Lavoratori autonomi e liberi professionisti: non essendo subordinati, non maturano TFR.
- Collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co.): generalmente esclusi, salvo eccezioni contrattuali.
- Dipendenti pubblici: se assunti prima del 1° gennaio 2001, maturano il TFS (Trattamento di Fine Servizio). Dopo tale data, anche nel settore pubblico è entrato in vigore il TFR, ma con regole specifiche.
Particolarità per alcune categorie
- Lavoratori part-time: per i lavoratori a tempo parziale, l’accantonamento del TFR viene calcolato proporzionalmente alle ore effettivamente lavorate. Questo significa che l’importo finale sarà commisurato alla retribuzione effettivamente percepita.
- Lavoratori stagionali: anche i lavoratori assunti per periodi stagionali hanno diritto al TFR. In questi casi, il datore di lavoro accantona il TFR in base alla durata effettiva del rapporto di lavoro.
- Dirigenti: i dirigenti hanno diritto al TFR come gli altri lavoratori dipendenti, ma possono essere previste condizioni particolari nei contratti collettivi di riferimento.
Come si calcola il TFR
Retribuzione utile per il calcolo del TFR
Il calcolo del TFR parte dalla “retribuzione utile”, che include la retribuzione ordinaria, le festività, e altri elementi non occasionali erogati al dipendente (come ad esempio il “Superminimo”, indennità di mensa, straordinari forfetari e maggiorazioni di turno, tredicesima mensilità e altre mensilità aggiuntive previste dalla contrattazione collettiva, ecc.).
Ricapitolando, la “retribuzione utile” comprende:
- Retribuzione ordinaria
- Festività
- Altri elementi non occasionali della retribuzione
In particolare, rientrano nel calcolo:
- Superminimo
- Indennità di mensa
- Straordinari forfettari
- Maggiorazioni di turno
- Tredicesima mensilità
- Altre mensilità aggiuntive previste dalla contrattazione collettiva
Riferimento: Cass. civ. sez. lav., sent. n. 12362/2019 – “Ai fini del TFR rilevano solo le voci aventi carattere di continuità e onerosità”
Esempio
Un impiegato con una retribuzione mensile di 2.000€, più 200€ di superminimo e 100€ di indennità di mensa, avrà una retribuzione utile ai fini del TFR di 2.300€.
Elementi esclusi dal calcolo del TFR
Non tutti gli elementi della retribuzione concorrono al calcolo del TFR.
Generalmente sono esclusi:
- Rimborsi spesa
- Indennità di trasferta
- Premi una tantum
- Straordinari non continuativi
ATTENZIONE: è importante sottolineare che sono i contratti collettivi a stabilire con precisione quali componenti della retribuzione rientrano nel calcolo del TFR.
Esempio
Se il nostro impiegato riceve un rimborso spese di 150€ per una trasferta, questo importo non verrà considerato nel calcolo del TFR.
Calcolo della quota annua del TFR
La quota annuale del TFR si ottiene dividendo la retribuzione utile per 13,5. Tuttavia, è importante considerare che su questa somma deve essere applicato un contributo previdenziale dello 0,50%, riducendo così l’importo finale.
Formula per la determinazione del TFR
= (retribuzione utile / 13,5) – (imponibile previdenziale x 0,5%)
Esempio di calcolo della quota mensile di TFR
Retribuzione utile ai fini del TFR: 2.000 €
Imponibile previdenziale INPS: 2.000 €
Calcolo TFR del mese: (2.000 / 13,5) – (2.000 x 0,5%) = 148,15 – 10 = 138,15 €
Se vuoi imparare a leggere la busta paga e scoprire di più su come funziona la retribuzione, leggi il nostro articolo dedicato, cliccando qui.
Rivalutazione del TFR accantonato
Il datore di lavoro, al 31 dicembre di ogni anno, rivaluta l’importo di TFR già accantonato nell’anno precedente.
La rivalutazione si compone di una parte fissa (pari all’1,5%) e da una parte variabile, legata al 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo ISTAT.
Esempio di rivalutazione
Supponiamo che l’indice ISTAT dei prezzi al consumo sia del 2% in un anno.
La rivalutazione del TFR al 31/12 dell’anno precedente sarà:
1,5% + (75% x 2%) = 1,5% + 1,5% = 3%
Quindi, se il TFR accantonato a fine anno di Rossi Mario è di 10.000€, la rivalutazione sarà di 300€.
Quando e come viene pagato il TFR
Liquidazione del TFR alla cessazione del rapporto di lavoro
Questo pagamento rappresenta il saldo finale del rapporto tra lavoratore e datore di lavoro.
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta una parte significativa della retribuzione differita del lavoratore, che viene liquidata al termine del rapporto di lavoro.
Il datore di lavoro eroga il TFR al lavoratore al momento della cessazione del rapporto, che può avvenire per diverse ragioni:
- Licenziamento
- Dimissioni volontarie
- Pensionamento
- Scadenza del contratto a tempo determinato
- Risoluzione consensuale del rapporto
Il pagamento dovrà effettuarsi unitamente a tutte le altre spettanze di fine rapporto (e, dunque, con l’ultima busta paga).
Dipendente e datore di lavoro possono accordarsi per stipulare un contratto per la dilazione del pagamento del TFR, anche se la legge non prevede esplicitamente questa possibilità.
Le parti nell’accordo andranno a redigere un vero e proprio piano di rateazione, definendo chiaramente gli importi delle rate e le scadenze di pagamento.
Solitamente si preferisce rateizzare l’importo netto del TFR, anche se tecnicamente sarebbe più corretto dilazionare l’importo lordo.
Recenti chiarimenti INL sulla liquidazione mensile del TFR in busta paga
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con la recente nota n. 616 del 3 aprile 2025, ha fornito importanti chiarimenti sulla prassi, purtroppo molto diffusa, di liquidare mensilmente il TFR direttamente in busta paga.
Questa pratica, secondo l’INL, non è legittima al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge.
Perché non è possibile pagare il TFR mensilmente
L’INL ribadisce che il TFR rappresenta una somma di denaro che viene accumulata mensilmente dal datore di lavoro per conto del dipendente, con lo scopo di assicurare un supporto economico al termine del rapporto di lavoro.
La normativa prevede che questa retribuzione differita venga liquidata solo in specifiche circostanze:
- Al momento della cessazione del rapporto di lavoro
- Come anticipazione nei casi previsti dall’art. 2120 del Codice Civile (acquisto prima casa, spese sanitarie, ecc.)
- Durante il periodo sperimentale previsto dalla Legge n. 190/2014, limitatamente ai periodi di paga dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018 (c.d. QUIR)
Conseguenze dell’erogazione mensile del TFR
Secondo i chiarimenti dell’INL, quando il TFR viene erogato mensilmente in busta paga al di fuori delle ipotesi previste dalla legge:
- Perde la sua natura di retribuzione differita
- Si trasforma in una semplice integrazione retributiva
- Diventa soggetto a normale contribuzione previdenziale
- Non beneficia più della tassazione separata, ma è sottoposto alla tassazione ordinaria IRPEF
Cosa rischiano i datori di lavoro
In caso di violazione accertata durante un’ispezione, il personale ispettivo intima il datore di lavoro di accantonare le quote di TFR illegittimamente anticipate attraverso un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004.
Questa pratica, infatti, non solo contrasta con la normativa specifica sul TFR, ma altera anche la natura stessa dell’istituto, che è quella di assicurare al lavoratore un supporto economico al termine del rapporto di lavoro.
Accordi tra le parti
È importante sottolineare che, come precisato dall’INL, la pattuizione collettiva o individuale può avere ad oggetto un’anticipazione dell’accantonamento del TFR già maturato al momento dell’accordo, ma non può prevedere un automatico trasferimento mensile del rateo di TFR in busta paga. Qualsiasi accordo in tal senso non avrebbe valore legale e non esimerebbe il datore di lavoro dalle conseguenze sopra descritte.
Versamento del TFR a Fondi di Previdenza Complementare
Il lavoratore che avesse scelto di destinare il TFR maturato e maturando a un fondo di previdenza complementare beneficerebbe di diversi risparmi fiscali.
Le somme destinate alla Previdenza Complementare, infatti, sono deducibile dal reddito fino ad un importo annuo pari a 5.164 euro.
Inoltre, anche la tassazione alla liquidazione dello stesso, sconterà alcuni vantaggi fiscali.
Se invece il TFR viene versato al fondo pensione, la tassazione massima è del 15% (e non 23% come nella tassazione separata IRPEF) e può scendere fino al 9%.
Tassazione del TFR
Tassazione provvisoria effettuata dal datore di lavoro
Il TFR è soggetto a tassazione separata che viene calcolata in modo provvisorio dal datore di lavoro al momento della liquidazione.
Questa tassazione è basata sui redditi del lavoratore, ma è soggetta a una verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Senza entrare troppo nel dettaglio, possiamo affermare che l’imponibile sul quale calcolare l’imposta si determina riducendo il totale del TFR accantonato delle rivalutazioni annuali (già assoggettate ad imposta sostitutiva).
Tale importo andrà poi diviso per il numero di anni e frazioni di anno di anzianità di servizio e moltiplicare il risultato ottenuto per 12.
Sul valore così ottenuto, vengono applicate le aliquote progressive dell’IRPEF relative all’anno in cui è maturato il diritto alla percezione. L’imposta così ottenuta, rapportata percentualmente al reddito di riferimento, darà l’aliquota da applicare alla parte capitale del TFR.
Formula per la determinazione del Reddito di riferimento:
[(TFR – Rivalutazioni) * 12] / n. anni di anzianità aziendale
Formula per la determinazione dell’aliquota media:
(IRPEF su Reddito di riferimento / Reddito di riferimento) * 100
Esempio di calcolo
Supponiamo un lavoratore con un’anzianità lavorativa di 20 anni e un TFR di 55.000 euro, al netto delle rivalutazioni annue già tassate.
- Reddito di riferimento = (55.000 * 12) / 20 = 33.000 euro
- Applichiamo le aliquote IRPEF 2025:
• fino a 28.000 euro, aliquota del 23%: 28.000 * 23% = 6.440 euro
• da 28.000 a 33.000 euro, aliquota del 35%: (33.000 – 28.000) * 35% = 1.750 euro
Totale IRPEF su reddito di riferimento: 6.440 + 1.750 = 8.190 euro - Aliquota media = (8.190 / 33.000) * 100 = 24,82%
Quindi, l’aliquota media del 24,82% sarà applicata alla parte capitale del TFR di 55.000 euro.
Attenzione: il calcolo è leggermente diverso per il TFR maturato fino al 31/12/2000, per il quale è prevista una deduzione di 309,87 euro per ogni anno o frazione di anno preso a base di commisurazione.
Ricordiamo, inoltre, che se invece il TFR viene versato al fondo pensione, la tassazione massima è del 15% e può scendere fino al 9%.
Aliquota media di tassazione sui redditi dei 5 anni precedenti
L’Agenzia delle Entrate ricalcola la tassazione definitiva del TFR utilizzando l’aliquota media sui redditi percepiti dal lavoratore nei 5 anni precedenti.
Questo ricalcolo può portare a una differenza a debito o a credito per il lavoratore.
Nel caso in cui l’aliquota media dei 5 anni precedenti risulti più alta rispetto a quella applicata dal datore di lavoro, il lavoratore potrebbe essere tenuto a versare una differenza a debito all’Agenzia delle Entrate.
Questo può rappresentare un onere imprevisto, ma purtroppo è una possibilità concreta.
Pagamento del TFR in caso di decesso
In caso di decesso del lavoratore, il Trattamento di Fine Rapporto non segue le ordinarie regole della successione ereditaria, ma è regolato da una disposizione specifica: l’art. 2122 del Codice Civile. Questo articolo stabilisce una graduatoria di beneficiari e un trattamento giuridico distinto, che tutela principalmente i familiari conviventi.
A chi spetta
L’art. 2122 c.c. prevede che, in caso di decesso del lavoratore subordinato, le indennità maturate (incluso il TFR) siano corrisposte direttamente, e in via privilegiata, ai seguenti soggetti:
- Il coniuge superstite
- I figli
- In loro assenza, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo, a condizione che risultino a carico del lavoratore al momento del decesso
Importante: il TFR non entra nell’asse ereditario e non è soggetto ad accettazione dell’eredità. È un diritto autonomo, riconosciuto iure proprio.
ATTENZIONE: solo in mancanza dei soggetti di cui sopra, il TFR entra nella successione e segue le norme del codice civile in materia di eredità legittima o testamentaria.
Quali documenti presentare
Gli aventi diritto devono produrre al datore di lavoro:
- Copia del certificato di morte del lavoratore
- Codice fiscale e documento d’identità dei beneficiari
- Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà o atto notorio rilasciato dal notaio o dal tribunale, che attesti:
- la qualità di eredi (in assenza dei beneficiari ex art. 2122)
- lo stato di convivenza o carico fiscale, se richiesto
- Eventuali autocertificazioni circa lo stato di famiglia o la convivenza
Se il TFR è destinato a più beneficiari, occorre specificare la quota spettante a ciascuno.
Anticipazione del TFR: quando e come richiederla
Requisiti per richiedere l’anticipazione del TFR
Per poter richiedere l’anticipazione del TFR, il lavoratore deve soddisfare i seguenti requisiti:
- Avere almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro
- Essere in costanza di rapporto di lavoro al momento della richiesta
- Rientrare in uno dei casi previsti dalla legge o dal contratto collettivo
I casi previsti dalla legge per richiedere l’anticipazione del TFR sono:
- Spese sanitarie straordinarie (per terapie e interventi, anche per familiari a carico)
- Serve documentazione da strutture pubbliche o convenzionate
- Serve documentazione da strutture pubbliche o convenzionate
- Acquisto della prima casa di abitazione (propria o dei figli)
- Serve atto notarile o preliminare registrato
- Serve atto notarile o preliminare registrato
- Congedi parentali o formazione professionale
- Solo se previsti dal contratto collettivo o accordi aziendali
Limiti all’importo dell’anticipazione
L’anticipazione del TFR è soggetta ai seguenti limiti:
- Non può superare il 70% del TFR maturato al momento della richiesta
- Può essere richiesta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro
- L’importo anticipato viene detratto dal TFR finale spettante al lavoratore
Deroghe di miglior favore
Nonostante i requisiti e i limiti previsti dalla legge, il datore di lavoro è libero di concedere l’anticipazione del TFR anche in condizioni più favorevoli per il lavoratore, come:
- Anzianità di servizio inferiore agli 8 anni
- Importo superiore al 70% del TFR maturato
- Causali diverse da quelle previste dalla legge
Queste deroghe migliorative possono essere previste dai contratti collettivi o da accordi individuali tra datore di lavoro e lavoratore.
Procedura per richiedere l’anticipazione
Per richiedere l’anticipazione del TFR, il lavoratore deve:
- Presentare una richiesta scritta al datore di lavoro, indicando la causale e l’importo richiesto
- Allegare la documentazione necessaria a supporto della richiesta (es. atto notarile per acquisto prima casa, certificazione medica per spese sanitarie)
Il datore di lavoro deve rispondere per iscritto alla richiesta, sia in caso di accoglimento che di rifiuto.
TFR in caso di crisi aziendale
Quando un’azienda attraversa una situazione di crisi o viene dichiarata insolvente, uno degli interrogativi più urgenti – e legittimi – che si pongono i lavoratori riguarda il destino del TFR maturato
È comprensibile: si tratta di una somma che rappresenta, a tutti gli effetti, un piccolo “tesoro differito”, costruito anno dopo anno. Fortunatamente, l’ordinamento prevede strumenti specifici a tutela dei crediti da lavoro in questi casi.
Il punto di riferimento è il Fondo di Garanzia INPS, istituito con la Legge n. 297 del 1982.
L’attivazione del Fondo di Garanzia INPS
Questo fondo interviene nei casi in cui il datore di lavoro sia insolvente e non sia in grado di liquidare il TFR o le ultime mensilità. La garanzia opera a favore di tutti i lavoratori subordinati del settore privato, senza distinzione di qualifica o contratto.
Perché il Fondo possa attivarsi, tuttavia, è necessario che si siano verificate due condizioni fondamentali:
- la cessazione del rapporto di lavoro
- la constatazione dello stato di insolvenza dell’impresa, certificata attraverso l’apertura di una procedura concorsuale.
Il lavoratore, a quel punto, può presentare domanda di ammissione al passivo e attendere l’accertamento giudiziale del proprio credito. Solo dopo il deposito dello stato passivo esecutivo, e trascorsi almeno 15 giorni da tale data, è possibile inoltrare la richiesta all’INPS per l’intervento del Fondo.
Una volta ricevuta la domanda completa e correttamente documentata, l’INPS è tenuto a procedere alla liquidazione entro 60 giorni.
Il Fondo non si limita a coprire il solo TFR: garantisce anche le ultime tre mensilità di retribuzione maturate ma non pagate prima della cessazione.
Attenzione ai tempi: il diritto a ottenere il pagamento dal Fondo è soggetto a un termine di prescrizione quinquennale, ma il conteggio si interrompe con l’ammissione del credito allo stato passivo.
Questa procedura, benché articolata, costituisce un’importante salvaguardia del diritto alla retribuzione differita.
È però opportuno che il lavoratore si faccia assistere da un consulente esperto o da un legale, specialmente nella fase iniziale di accertamento e ammissione del credito.
TFR in caso di trasferimento d’azienda
Il trasferimento di un’azienda – o di un suo ramo – da un soggetto a un altro è un evento che può generare dubbi e preoccupazioni nei lavoratori. In particolare, uno dei quesiti più frequenti riguarda la sorte del TFR maturato fino alla data del passaggio. Chi ne è responsabile? Il nuovo datore? Il vecchio?
A regolare la materia è il ben noto articolo 2112 del Codice Civile, il quale stabilisce che, in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro prosegue senza interruzioni alle dipendenze del nuovo titolare, con piena continuità di diritti e obblighi.
A chi spetta l’onere del pagamento, al cedente o al cessionario?
Nel dettaglio, per quanto riguarda il TFR:
- la quota maturata fino alla data del trasferimento resta di competenza del cedente, ossia del datore di lavoro originario;
- tuttavia, il cessionario (nuovo datore di lavoro) è obbligato in solido con il cedente per questa quota, a tutela del lavoratore.
Si configura, quindi, un regime di responsabilità solidale tra le due imprese, almeno per le spettanze anteriori al passaggio. Il lavoratore, in base a questo principio, può rivolgersi indistintamente all’uno o all’altro per ottenere quanto gli è dovuto. È quanto ha ribadito anche la Corte di Cassazione, riconoscendo che la solidarietà è “piena e non sussidiaria” (Cass. civ., Sez. Lav., n. 6579/2006).
Per la quota di TFR che matura dopo il trasferimento, la responsabilità spetta interamente al nuovo datore di lavoro, senza alcun coinvolgimento del cedente.
Nel corso delle trattative per il trasferimento, cedente e cessionario possono accordarsi sulla gestione economica del TFR maturato fino alla data del passaggio.
Tali accordi, tuttavia, hanno valore solo tra le parti e non possono limitare i diritti del lavoratore. L’eventuale accordo sulla “compensazione” del TFR maturato con altri crediti, ad esempio, resta inopponibile al dipendente se non è da lui accettato espressamente.
Va inoltre tenuto presente che, se l’impresa cedente fallisce dopo il trasferimento, il Fondo di Garanzia INPS non potrà intervenire per coprire il TFR riferito al periodo precedente alla cessione, poiché il rapporto di lavoro è ancora in essere con il nuovo datore. In tal caso, la tutela del lavoratore si fonda esclusivamente sulla responsabilità solidale del cessionario.
In ultimo, vale la pena segnalare che, dal momento della cessione, la contrattazione collettiva applicata dal nuovo datore sostituisce quella precedente, ma ciò riguarda solo le condizioni future. Per la determinazione del TFR maturato fino alla cessione, rimane valida la contrattazione applicata dal cedente.
TFR: in azienda o nel fondo pensione? Il confronto
Dal 1° gennaio 2007, i lavoratori dipendenti del settore privato sono chiamati a compiere una scelta importante e spesso sottovalutata: mantenere il proprio TFR in azienda oppure destinarlo a un fondo pensione. La decisione, tutt’altro che banale, ha implicazioni fiscali, previdenziali e patrimoniali significative.
Quando un lavoratore viene assunto, ha sei mesi di tempo per esprimere la propria volontà. Se sceglie esplicitamente di lasciare il TFR in azienda, l’accantonamento avverrà secondo le regole tradizionali, con rivalutazione annuale prevista dalla legge. Se, invece, opta per la previdenza complementare, il datore di lavoro verserà la quota di TFR maturata al fondo pensione prescelto. In mancanza di una scelta, si applica il meccanismo del silenzio-assenso: il TFR viene automaticamente conferito al fondo di categoria o, nelle aziende con almeno 50 dipendenti, al Fondo di Tesoreria INPS.
TFR: in azienda o nel fondo pensione? La differenza in poche righe
Ma cosa conviene davvero? La risposta, come spesso accade, dipende da vari fattori.
Mantenere il TFR in azienda può risultare vantaggioso per chi cerca sicurezza e liquidità. L’importo accantonato viene rivalutato ogni anno secondo un criterio fisso (1,5%) più una quota variabile legata al 75% dell’inflazione, garantendo una crescita stabile, priva di rischi finanziari. Inoltre, il TFR è sempre disponibile in caso di cessazione del rapporto e, in presenza dei requisiti di legge, può essere richiesto in anticipazione.
Dall’altra parte, la previdenza complementare offre prospettive più dinamiche, soprattutto per chi ha un orizzonte di lungo periodo. I fondi pensione, infatti, investono le somme in strumenti finanziari, con la possibilità di ottenere rendimenti mediamente superiori alla rivalutazione legale del TFR.
A ciò si aggiungono significativi vantaggi fiscali: l’aliquota sul montante finale è progressivamente decrescente (dal 15% fino al 9% dopo 15 anni di partecipazione), mentre i rendimenti sono tassati al 20%, con aliquota ridotta al 12,5% per i titoli di Stato.
Non va sottovalutata nemmeno la sicurezza giuridica del fondo pensione: il patrimonio è separato da quello dell’azienda e protetto anche in caso di insolvenza del datore di lavoro. La partecipazione ai fondi consente inoltre una maggiore flessibilità d’investimento, grazie alla possibilità di scegliere linee con diverso profilo di rischio, modulabili nel tempo.
Dal punto di vista dell’impresa, incentivare la destinazione del TFR ai fondi pensione può comportare benefici fiscali e gestionali importanti: deduzioni dal reddito d’impresa, esonero da alcuni contributi (come lo 0,20% al Fondo di Garanzia INPS), e soprattutto un alleggerimento della passività in bilancio.
E quindi?
La scelta tra TFR in azienda o in fondo pensione, in definitiva, è profondamente personale e andrebbe valutata alla luce di diversi elementi: l’età del lavoratore, la sua propensione al rischio, le esigenze di liquidità, la solidità dell’azienda, e – non da ultimo – il livello atteso della pensione pubblica. In un contesto di crescente incertezza previdenziale, la previdenza complementare rappresenta oggi una strada concreta per costruire un futuro più sereno.
Conclusione
Il Trattamento di Fine Rapporto non è soltanto una voce in busta paga o una somma liquidata alla fine di un contratto: è, a tutti gli effetti, una componente strutturale del reddito del lavoratore, con una funzione di tutela e di sostegno, spesso cruciale nei momenti di passaggio della vita.
Conoscere bene il funzionamento del TFR significa acquisire consapevolezza giuridica e patrimoniale: sapere quando e come matura, quali regole ne governano il calcolo, come si rivaluta nel tempo, a chi spetta in caso di decesso, cosa accade in caso di crisi aziendale, quali sono le implicazioni fiscali.
Ma, soprattutto, significa essere in grado di scegliere consapevolmente se mantenerlo in azienda o destinarlo alla previdenza complementare, valutando vantaggi e svantaggi con realismo e visione a lungo termine.
In questo articolo abbiamo costruito un quadro completo e approfondito, ma scritto con l’intento di essere chiaro e utile a tutti: lavoratori, datori di lavoro, colleghi consulenti.
FAQ – Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR)
Cos’è il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e come funziona?
Il TFR è una somma di denaro accantonata dal datore di lavoro a favore del lavoratore durante il rapporto di lavoro e si calcola (approssimativamente) dividendo la retribuzione annua utile per 13,5 e viene liquidato al termine del rapporto di lavoro.
Chi ha diritto al TFR?
Tutti i lavoratori subordinati del settore privato hanno diritto al TFR, indipendentemente dalla tipologia contrattuale e dalla durata del rapporto di lavoro. Sono inclusi lavoratori a tempo indeterminato, determinato, part-time, apprendisti, stagionali e dirigenti.
Quali elementi della retribuzione rientrano nel calcolo del TFR?
La retribuzione utile per il calcolo del TFR include la retribuzione ordinaria, le festività e altri elementi non occasionali come superminimo, indennità di mensa, straordinari forfettari, maggiorazioni di turno, tredicesima e altre mensilità aggiuntive previste dal contratto collettivo.
Come viene rivalutato il TFR accantonato ogni anno?
Il TFR accantonato viene rivalutato al 31 dicembre di ogni anno. La rivalutazione è composta da una parte fissa dell’1,5% e da una parte variabile pari al 75% dell’aumento dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo.
Quando viene pagato il TFR al lavoratore?
Il TFR viene liquidato al lavoratore al termine del rapporto di lavoro, insieme alle altre spettanze finali. Questo può avvenire per licenziamento, dimissioni, pensionamento, scadenza del contratto a tempo determinato o risoluzione consensuale.
È possibile destinare il TFR ad un fondo di previdenza complementare?
Sì, il lavoratore può scegliere di destinare il TFR maturando ad un fondo di previdenza complementare. Questa scelta permette di beneficiare di un risparmio previdenziale aggiuntivo, di deduzioni fiscali e tassazione agevolata.
Come viene tassato il TFR?
Il TFR è soggetto a tassazione separata, calcolata provvisoriamente dal datore di lavoro al momento della liquidazione. L’aliquota media viene determinata applicando le aliquote IRPEF sul reddito di riferimento, calcolato in base agli anni di servizio. L’Agenzia delle Entrate effettua poi un ricalcolo definitivo.
Cosa succede al TFR in caso di decesso del lavoratore?
In caso di decesso del lavoratore, il TFR maturato spetta agli eredi. Questi devono presentare la necessaria documentazione al datore di lavoro per ottenere la liquidazione.
Quali sono i requisiti per richiedere un’anticipazione del TFR?
Per richiedere un’anticipazione del TFR, il lavoratore deve avere almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, essere in costanza di rapporto di lavoro e rientrare in uno dei casi previsti dalla legge, come spese sanitarie, acquisto prima casa o congedi.
Quali sono i limiti all’importo dell’anticipazione del TFR?
Salvo trattamento di miglior favore, l’anticipazione del TFR non può superare il 70% del TFR maturato al momento della richiesta. Può essere richiesta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e per motivi particolari (acquisto prima casa e spese mediche urgenti) e l’importo anticipato viene detratto dal TFR finale spettante al lavoratore.
Il presente articolo è stato deliberatamente redatto con un linguaggio semplice, a scopo divulgativo, e senza la pretesa di esaurire l’argomento trattato.
Autore dell’articolo – Marco Campesato: esperto di diritto del lavoro e della previdenza sociale di Studio Campesato – Consulente del lavoro a Vicenza
